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Commitment to innovation.

Francesco Marrone

Responsabile Settore Rifiuti e Terreni

Quando eri piccolo, cosa volevi fare da grande?

*ride* Oddio, sinceramente da piccolo avevo i sogni comuni dei bambini. Fare l’astronauta o giocare a calcio. Negli anni a seguire sono diventato più concreto. Mi è sempre piaciuto il mondo della scienza e oggi mi reputo fortunato per aver fatto quello che sognavo di fare.

Quando è stato lo switch dal calcio alla scienza?

A scuola, al liceo scientifico a Pescara. Lì mi sono innamorato della scienza, della medicina, della biologia, ma anche dell’astronomia, parallelamente alla filosofia. Mi reputo, però, una persona concreta, perciò ho scelto un settore in cui pensavo di trovare più spazio rispetto ad altri. Mi è sempre piaciuta la chimica, così ho studiato Chimica e Tecnologia Farmaceutiche (CTF) a Chieti.

Come sei arrivato in LabAnalysis?

Sono arrivato in LabAnalysis perché era una realtà conosciuta nell’ambito regionale, Quando andavo in università ci passavo quasi di fronte tutti giorni e qualche compagno aveva fatto il tirocinio qui. Quando mi sono laureato, ho mandato il curriculum, e un giorno mi hanno chiamato. Era il 2013. Ho lavorato giusto un mese in un altro laboratorio, in precedenza, ma nulla in confronto a questo, quindi, lo considero il mio primo lavoro.

Cosa ti appassiona di più del tuo lavoro in LabAnalysis?

Io qui mi sento a casa. Non mi è mai pesato nulla di quello che ho fatto, fin dall’inizio del percorso in laboratorio, anche in aree considerate “di categoria B”. Ad esempio, sono stato Responsabile dell’area preparativa, e devo, forse, tutto a quell’area, proprio. Toccando con mano quello che uno va ad analizzare, riesco ad avere una visione oggettiva e dettagliata di quello che faccio. Infatti, spingo sempre i ragazzi a sporcarsi le mani, fare la gavetta, perché aiuta a crescere.

Su cosa punti a livello professionale quando cerchi personale e nella tua attività?

Mi reputo una persona precisa, quindi cerco di restituire al cliente risultati certi, in modo da soddisfarlo pienamente. Per noi questa è la più grande soddisfazione.

E quando cerco personale, cerco proprio la voglia di crescere. Cerco quel fuoco dentro che ti fa mettere in campo il 100% per diventare il migliore.

Quando la precedente azienda è diventata parte di LabAnalysis Group, come ti sei sentito?

Sì, mi sono trovato bene. Io ero in laboratorio, quindi con la vecchia proprietà non avevo molto contatto. Poi mi sono trovato subito, come una seconda famiglia. Il loro trasporto per la crescita del gruppo ti dà carica e sono persone meritocratiche. Io sono orgoglioso di far parte di questo gruppo: cerchiamo insieme di essere un punto di riferimento non solo per i nostri clienti, ma anche per i nostri concorrenti.

Quali sono state le persone che hanno avuto maggior impatto sulla tua carriera?

Eh, bella domanda! Io ringrazio in primis tutti quelli che hanno creduto in me, perché alla fine ci deve essere sempre qualcuno che crede in te. Puoi impegnarti, ma se nessuno crede in te è difficile.

Io sono stato fortunato ad avere feeling con tutta la proprietà. Ricordo all’inizio il Professor Maggi, ma poi anche con Stefano e Lorenzo. Tra questi, un ringraziamento speciale lo devo anche a Simona Romeo, la prima in assoluto che ha creduto in me; faceva parte dell'azienda già con la prima proprietà. Grazie ai suoi insegnamenti, alla sua tenacia, sono arrivato dove sono. O meglio, siamo arrivati. A me piace parlare al plurale più che di me stesso, perché noi puntiamo a diventare i numeri uno, esportare il made in Italy nel mondo.

Devo sicuramente ringraziare anche i miei genitori, che hanno creduto sempre in me. Diciamolo, a scuola non mi sono mai reputato un secchione; mi piaceva godermeli quegli anni. *ride* La pazienza e la tenacia dei miei genitori, però, poi hanno dato i loro frutti.

Poi è arrivata la mia compagna, nonché collega, Stefania Costanzo, che mi ha sempre spinto a dare il massimo.

Com’è la condivisione della vita lavorativa e privata?

A casa, però, parliamo poco di lavoro. Spesso credo che a casa si parli di lavoro quando uno non si trova bene; allora, forse, cerca uno sfogo a casa, o qualche consiglio. Ma noi non ci portiamo il lavoro a casa.

Come avete gestito la situazione durante la pandemia?

È stata dura. *sospira* Abituato in ufficio, ad avere i mei comfort, per il mio modus operandi… A febbraio è anche nata la mia secondogenita, Ginevra, ed essere a casa con due bambine, una neonata, da marzo, è stata dura. Da un lato, non vedevo l’ora di tornare in ufficio.

Cosa pensi del modo in cui l’azienda ha gestito la situazione?

Chapeau all’azienda. Secondo me è stata gestita come doveva essere gestita: non ci hanno lasciato in balìa delle onde, senza una guida. C’è stata una riduzione del lavoro, congruo con la situazione di pandemia. Credo che siamo stati tra i pochi a dare un supporto pari o migliore in una situazione di emergenza globale, lavorando come abbiamo sempre fatto. Mi metto, ad esempio, nei panni dei campionatori, che hanno comunque dovuto continuare a dare il loro servizio in campo, anche in una situazione di pericolo, in cui ancora non si conosceva bene il virus, crescevano i contagi e non c’erano vaccini. Io da casa ho fatto quello che facevo in ufficio, per me era uguale, ma i ragazzi sono stati di notevole importanza. Senza di loro si sarebbe fermato tutto. Parte tutto da lì, perché sono pochi i clienti che campionano loro e poi portano qui. Io credo che, oltre ai commerciali, sono i campionatori i primi a dare l’immagine di LabAnalysis.

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